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Lo sviluppo del disegno infantile: dalle prime tracce alla figura umana

Il bambino, fin dai primi mesi di vita, prende lentamente coscienza della propria esistenza e delle possibilità di incidere e modificare l’ambiente esterno.

Il lattante osserva la realtà che lo circonda e a pochi mesi si accorge che alcuni oggetti, lanciati o trascinati contro le superfici, producono delle tracce.

Le prime tracce visibili prodotte dal bambino sono fatte attraverso la bava, la quale crea dei segni sugli oggetti circostanti e dunque dei primi “disegni”.

Quella della traccia è una scoperta fondamentale: il lattante si rende già conto che un certo impegno a carico dell’apparato respiratorio origina una traccia sonora; allo stesso modo capisce che il coinvolgimento motorio può produrre una traccia grafica.

Sono modi, forse i più soddisfacenti a quell’età, d’incidere sulla realtà modificandola e d’imporre la propria presenza.

Intorno all’anno vengono lasciati i primi segni della matita sul foglio che sono il prodotto di colpi e movimenti bruschi che il bambino esercita coinvolgendo tutto il corpo. Dopo 6-8 mesi circa si passa ai tracciati caotici, dai quali prenderanno vita e si differenzieranno due attività grafiche: la scrittura e il disegno.

A due anni il bambino inizia a produrre scarabocchi caratterizzati da movimenti circolari e primi angoli. Non solleva la matita dal foglio e spesso ne supera i bordi.

A due anni e mezzo aumenta il controllo motorio e i suoi movimenti sono guidati dallo sguardo. Inizia a ripetere alcuni movimenti e a decidere in che zona del foglio disegnare.

A tre anni il bambino non scarabocchia più solo per il piacere del movimento, bensì per rappresentare sensazioni interne. Inizia ad attribuire un significato a quanto prodotto.

Tra i tre e i quattro anni lo scarabocchio diventa comprensibile anche all’adulto e compaiono le prime schematiche figure umane. È a quest’età che il bambino esce dalla fase dello scarabocchio per entrare in quella figurativa.

Il bambino inizia a raffigurare la persona, perché con un unico schema grafico rappresenta chiunque. Un cerchio è la testa da cui si dipartono dei raggi che sono le braccia e le gambe. La semplicità del disegno è dovuta anche dall’immagine che il bambino di 3-4 anni ha del proprio corpo: la testa è importante perché contatto con l’esterno e centro recettivo, le braccia rappresentano la possibilità di toccare e le gambe di muoversi. Il risultato è dunque l’omino cefalopode comune a tutti i bambini del mondo.

Successivamente compaiono gli occhi e poi naso e bocca all’interno del cerchio.

A quattro anni e mezzo il bambino disegna il primo abbozzo di tronco, al quale spesso aggiunge l’ombelico, fonte di grande attrattiva.

A cinque anni l’omino è ben riconoscibile: oltre a occhi, naso e bocca, vi sono ben collocati tronco, braccia e gambe bidimensionali. Compaiono anche le orecchie, capelli e un accenno di vestiti.

A sei anni lo schema mentale che il bambino ha del proprio corpo è più completo e dunque l’omino si arricchisce di collo, mani e numerosi dettagli. A quest’età nascono le rappresentazioni in movimento: se prima il movimento era dato dall’unione di più figure statiche, adesso, invece, è visibile grazie alle braccia disegnate rigidamente rivolte verso l’oggetto da raggiungere oppure un primo accenno di profilo (il volto è l’ultima parte a girarsi). Le bambine tendenzialmente, includono nei loro disegni un maggior numero di dettagli che contribuiscono a caratterizzare la persona disegnata e ad inserirla in un contesto preciso.

Il cammino per arrivare alla figura completa di organi e abiti in giusti atteggiamenti di quiete e di moto dura almeno altri dieci anni e in alcuni casi non si conclude mai.

Gli stadi di sviluppo sono grosso modo indicativi, ma non devono essere considerati rigidamente, perché in tutti i campi dell’evoluzione infantile sono frequenti sia le regressioni che i salti in avanti. Alcuni raggiungimenti vengono poi ignorati per lunghi periodi se l’attenzione del bambino è concentrata su altri contenuti.

Martina De Santis

Bibliografia: Ferraris, A.O., Il significato del disegno infantile, Bollati Boringhieri, Torino, 2008

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