“La pulsione ad apprendere è un istinto naturale: si è affermato nel corso dell’evoluzione poiché fondamentale alla lotta per la sopravvivenza”. Secondo lo psicologo infantile Andrew Meltzoff, il bambino è uno scienziato in miniatura: procede con metodo scientifico per tentativi ed errori, elabora teorie, le adotta, ma poi è pronto a modificarle se occorre con altre più convincenti; la capacità di cambiare idea è infatti uno dei meccanismi di apprendimento più evoluti e rende l’intelligenza umana ben superiore a quella artificiale.
Le cellule del cervello (neuroni) cominciano ad entrare in contatto e a scambiare segnali elettrici producendo nuovi collegamenti (sinapsi) fin dal grembo materno. Con la nascita questa attività si intensifica costantemente, con la maturazione ogni neurone produce ramificazioni che cercano di connettersi con altri neuroni, un’attività frenetica che continua per tutta la vita, ma che nei primi anni raggiunge massimi livelli. La mente di un bambino di tre anni compie un lavoro doppio rispetto a quello di un adulto. Sta imparando e ogni nuova informazione produce una nuova ramificazione. Sarà poi l’esperienza a determinare quali connessioni rinforzare e quali “potare”. Il risultato finale sono cento miliardi di cellule e fino a diecimila punti di contatto con altre cellule, per questa ragione il cervello del neonato è stato definito la più potente macchina di apprendimento dell’universo.